È in Torino una Torino provinciale che nessuno Baédeker illustra, che nessuna guida commenta; ed è la città dei sobborghi, vecchiotta, intima, casalinga veramente piemontese.

 

Una città, durante l'Esposizione, mi fa pensar ad una bella signora tutto lo sfoggio delle su eleganze. Il forestiero non la vede generalmente che così. Eppure quella non è la nota unica della sua bellezza; come una bella donna - deposti i gioielli e le sete - conserva tutta la sua grazia anche a colloquio con la cameriera e con la cuoca, così la città ha una fisionomia intima, ignota al forestiero, e che l'artista deve conoscere e ammirare. Torino gode fama di città modernissima e i visitatori l'esaltano con i paragoni; e credono di lusingarla attribuendole l'eleganza di Parigi, la regolarità di Berlino, la lindezza di Vienna, e noi pensano che assimilandola alle altre metropoli, l'annullano. Torino ha invece un'anima ben sua e questa anima palpita sopra tutto nella città suburbana.

Parlavo di signore a colloquio con la cuoca: parlerò della Gran Cuoca di Torino: Porta Palazzo. Il forestiero non ha bisogni di ragguagli per giungervi: dove termina via Milano e i tramvia e le carrozze s'arrestano tra una folla densa, varia, turbinosa dove il vociferare copre le parole con un fragorio continuo e assordante di selvaggio tam-tam, là e Porta Palazzo.

 

La piazza immensa accoglie un villaggio intero dagli edifizi di tela, di legno, di cemento, con le sue vie regolari tra banco e banco, diviso e suddiviso in quartieri secondo la varietà della merce. E la merce è infinita, tale da soddisfare i desideri più strani ed opposti: dal buongustaio che cerca tra i pesci la varietà prelibata, dalla sartina che vuole un serto di rose finte pel cappello che ha foggiato con le sue dita, all'antiquario che desidera una cornicetta del Rinascimento, una miniatura settecentesca.

 

Passiamo tra- banco e banco, tra le cataste di stoffa, tra il gaio sventolare dei nastri e dei pizzi sospesi alle travi, ecco l'odore acre delle stoffe, mitigato, sostituito dall'aroma dei fiori; passiamo oltre, tra le chincaglierie, le terraglie, i vetri; veniamo alla nota vera, predominante di Porta Palazzo: quella gastronomica.

 

Il quadro è veramente grandioso: tale è l'abbondanza, la varietà delle forme, delle tinte, degli odori, che la materia bruta destinata al bruto bisogno quotidiano, diventa quasi poetica, tale da far delirare lo scrittore stanco di snobismi intellettuali, il pittore desideroso di gamme nuove. I banchi delle verdure si succedono all'infinito, unendosi allo sguardo in un solo mare dalle tinte delicate e perlacee di certi acquerelli moderni. Le insalate, le lattughe, le cicorie dal cuore appena schiuso, ancora grasse di terriccio, i cumuli di spinaci, di carciofi, di piselli, tutta la gamma del verde chiazzata qua e la dalla nota acuta delle carote fulve, delle rape violacee, dei pomidoro sanguigni; la merce è infinita: piramidi di peperoni enormi, verdi, ranciati, rossi, barricate di cavoli duri e compatti come sfere di metallo verde, altri aperti dalle foglie larghe, ricciute come immense corolle. Ed ecco la frutta: le belle ceste ricolme di fragole dall'aroma delizioso, cataste di aranci d'oro, d'albicocchi, di ciliegie lucenti come lacca vermiglia, caschi di banane tigrate, evocanti le selve d'oltremare. La fragranza dei frutti muore nel fetore acre della carne macellata. Passiamo in fretta tra l'ecatombe di vittime: agnelli, maiali, vitelli scuoiati, aperti, penduli dagli uncini robusti. Una schiera di macellai ci sbarra il passo, intenti a disporre sopra i carretti le teste mozze e glabre dei manzi novelli, le trippe annodate in matasse, le cervella, i fegati violacei. Due donne passano reggendo una tinozza di sangue. Intorno è un vociferare sordo, un sollevarsi o abbassarsi di scuri lucenti che dimezzano le parti, frangono le ossa con urti sordi: uno spettacolo da far allibire tutta la Società protettrice degli animali... Ma ecco altre vittime: eserciti di polli schierati all'infinito, con le tre sole penne superstiti della coda eretta, con i colli penduli pietosamente, fagiani, tacchini, faraone; ed ecco i pesci annunziati da un fresco odore salso e amaro, l'odore delle rocce quando la marea si ritira e l'alghe si prosciugano al sole.

Sui banchi di marmo candido, tra blocchi di ghiaccio e rigagnoli d'acqua sono rovesciati a migliaia i pesci che le reti hanno tratto ieri sera dal Tirreno e dall'Adriatico. Una impresa vastissima dalla burocrazia pronta e vigilante, sparsa su tutto il litorale, spedisce le vittime in casse enormi, piene d'alga imbevuta d'acqua marina, e gran parte dei pesci giunge al mercato ancora boccheggiante. :Ecco le aragoste, gli omari dalle zampe spettrali, dalle pinze diaboliche agitate in una lenta agonia; le torpedini enormi., piatte, romboidali, stranamente chiazzate, i salmoni dalle scaglie d'argento lavorato al bulino, i tonni di cuoio nero e lucentissimo, i merlani dal riflesso d'opale, le triglie rosee; i pesci spaventosi, evocanti l'orrore dei naufragi e gli antri sottomarini: i polipi tentacolari, gli scorfani orribili, scolpiti nella pietra livida, le murene tigrate come leopardi, dalle bocche armate di denti formidabili, memori forse di carne umana.... Poi la falange dei pesci d'acqua dolce: anguille, le tinche di bronzo verde, le. trote d'argento. Fra l'alghe ed il ghiacciaio una carpa enorme non vuol morire; chiude i fianchi, agita la coda, apre ad intervalli la bocca dai mustacchi ricurvi. L'occhio sazia lo stomaco. Passando fra tanta merce non si pensa quasi che tutto ciò è destinato alla triste legge della fame. Il fragore di tam-tam assordante è così continuo che l'orecchio non l'ode più e si prosegue trasognati da banco a banco, sordi ai richiami delle belle figlie di madama Angot. Si protendono verso il passante, supplici ed imperiose; vantando i prezzi modesti e la qualità della merce.

 

Signore, che cosa desidera ? Dica, dica !

 

Una sogliola ? una trota? un'aragosta? Non vada via ! Ascolti! La servirò da principe! Com'è cattivo ! ...                  ..

 

Ed è quasi doloroso dover respingere tante profferte, dover proseguire, sordi a quella effusione cordiale. Molte sono giovani, qualcuna bella, quasi tutte fresche di quella speciale freschezza di chi vive tra le sostanze alimentari. Si direbbe che le braccia, le gote, il seno si siano modellati e coloriti sulle curve rosee dei frutti, che le carni si siano nutrite dell'esalazione continua della pescagione dei salumi della selvaggina.

 

Molte hanno forme giunoniche, braccia nerborute che fanno pensare con un brivido d'orrore ad un litigio e ad una lotta probabile.

Ma le clienti sono coraggiose più dei clienti e sanno sfidarle.

Cuoche, vecchiette, signore in cappelli, signore eleganti con cappello e guanti, s'aggirano discutendo la merce, disputando i prezzi. Le zuffe sono frequenti.                                        

Una signora dal cappello piumato e dalla veste di seta rientra nel chiosco precipitosa, sfascia un pollo scarno e giallognolo, lo slancia sul banco vicino.                                              

-Mi renda il mio denaro! -. Questo pollo m'è stato cambiato!

La pollivendola si protende; livida.

- Cambiato? Cambiato? E da chi, se è lecito?

- Da lei, mia cara ! Non sono  una cretina, per sua norma!

Quando ho scelto il pollo e  pagato, lei s'è chinata col pretesto d'incartarlo e l'à cambiato con un altro, sotto il banco.. . Dica che non è vero !

- Non è vero!

- È vero! Quello pesava un chilo, questo sette etti; quello era fresco, questo è putrefatto...

Mentre la signora parla rapida, con voce stridula, la pollivendola si gonfia, s'arrossa, divampa, inarca la schiena, piega le braccia sui fianchi, ma si contiene; sibila con voce apopletica:

- Ripeta che questo pollo non è fresco !

- Non è fresco - risponde la signora, ferma ed implacabile

- Mia cara madamin, vorrebbe esserlo altrettanto !

- Guardi come parla! Già a certa gente le villanie costano nulla!

- Quanto costano a lei il suo cappello e la sua veste di seta !

- Sa che chiamo una guardia ?

- S'accomodi. . . Si prenderà della bugiarda..

- E lei della ladra!

La guardia - non chiamata - giunge veramente, divide le due belve, prega la folla di sgombrare. Ed è meglio passar oltre. Guai se una venditrice ci scopre in volto un sorriso di scherno ! Non ci resta che salvarci al più presto, seguiti alle spalle da un torso di cavolo, da una zampa di gallina, da una testa di pesce: il tutto accompagnato da alcune sillabe intraducibili... Ma il forestiero non ha il dovere di conoscere il significato delle parole: stasi.........chionio............ganimede...............ballengo!

 

 GUIDO GOZZANO.