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		     Roatto(At) 
            
         
            La storia antica di Roatto, a differenza di tanti altri comuni 
              dell' Astigiano, sembra non sia mai stata interessata da episodi 
              bellici: non si ha alcuna documentazione, infatti, delle vicende 
              del suo castello che, senza scosse, si è trasformato in residenza 
              signorile, seguendo un modello di sviluppo che ha interessato numerosi 
              fortilizi astigiani. L'assenza di atte stazioni documentarie significative 
              ha impedito di risalire con certezza all' origine del suo toponimo,che 
              l' Oliveri (1965) farebbe derivare da rubus, rovo, o da 
              "ruà", cioè borgata. 
              Il Castello appare oggi profondamente trasformato: 
              dall' aspetto massiccio e robusto, si caratterizza per la torre 
              semicilindrica che sporge parzialmente da un edificio minore, ricavato 
              forse da una parte del complesso originario. Circondato da un piccolo 
              parco con alberi ad alto fusto, non manca tuttavia di un suo fascino, 
              favorito senza dubbio dalla suggestiva posizione collinare. Venne 
              costruito in epoca imprecisata dai Montafia, discendenti del conte 
              di Vercelli, Manfredo, signori di Roatto, Maretto, Tigliole, Montafia 
              ed altri luoghi ancora. Prima di entrare a far parte dei possedimenti 
              dei Montafia, che si estinsero nel 1577 con la morte del conte Lodovico, 
              assassinato ad Aix in Francia, Roatto era appartenuto a signori 
              locali di cui si è persa assai presto memoria; è noto 
              solamente che dal nome del luogo essi presero la propria denominazione. 
              Alla morte del conte Lodovico il paese passò ai Savoia. Nel 
              XVII secolo, per via della moglie Matilde, venne infeudato a Carlo 
              di Simiana, signore di Albigny. Successivamente ne fu investita 
              la figlia Irene, moglie di Michele Andrea Imperiali, principe di 
              Francavilla. Nel 1725 il feudo venne concesso a Gian Giacomo e Marcello 
              Gamba. 
              La Parrocchiale dei Santi Michele e Radegonda risale al XIX secolo 
              e venne costruita sul sedime della precedente, di antica fondazione. 
              È noto infatti che l'antica chiesa, eretta con probabilità 
              dai Montafia, già esisteva nel 1570, come risulta dalla visita 
              apostolica di monsignor Della Rovere, vescovo di Asti. 
               
              (fonte:Il Piemonte paese per paese Bonechi Editore)  
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